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Frammenti di storia dell’evoluzione del Web culturale
a cura di Giancarlo Buzzanca
Introduzione
La nascita di Internet viene universalmente e concordemente fissata al
29 ottobre 1969, giorno in cui venne sperimentata con successo la prima
comunicazione in remoto tra computer appartenenti a due istituti universitari:
la Stanford University (San Francisco) e l’UCLA (Los Angeles)1.
La messa a punto di strumenti ipertestuali (l’inizio del Web, così
come oggi lo conosciamo) viene molti anni dopo, anche se la teorizzazione
della metodologia si fa risalire a un articolo pubblicato nel 1954 da
Vannevar Bush 2 dal titolo
As we may think 3.
Bush mirava a identificare (e costruire) un sistema di classificazione
che non fosse esclusivamente gerarchico (classi-sottoclassi ecc.) ma che
individuasse rapporti (link) tra i soggetti, anche se mutevoli e temporanei.
Da questa teorizzazione e dall’assenza di risorse tecniche capaci
di incarnarla passiamo a un impetuoso sviluppo della tecnologia nei decenni
successivi.
Omettiamo di riportare la complessa timeline che consente di collocare
correttamente in un’unica linea di sviluppo le innovazioni tecniche
che si sono succedute sino alla fine degli anni Ottanta e arriviamo rapidamente
alla nascita del Web. Questa si fa risalire al 1989, per la precisione
al mese di marzo, quando Tim Berners- Lee del CERN
di Ginevra riuscì a incarnare l’esigenza ormai fatta propria
dall’intera comunità scientifica di un sistema di gestione
dell’informazione che fosse adatto alla messa in comune di un esteso
patrimonio di relazioni, documenti e in genere di letteratura grigia.
Information management: a proposal 4,
la proposta che Tim Berners-Lee 5
formulò, è introdotta da queste parole: «This proposal
concerns the management of general information about accelerators and
experiments at CERN.
It discusses the problems of loss of information about complex evolving
systems and derives a solution based on a distributed hypertext system».
La proposta di Berners-Lee trova immediatamente il contributo di Robert
Cailliau 6 che raffina e
definisce tecnicamente la proposta e crea le condizioni organizzative
e i contatti attraverso cui il Web può essere proposto ai responsabili
della struttura e, a partire dall’essere ritenuto «vague
but exciting», maturare e consolidarsi 7.
Tra la proposta del 1989 e l’inizio dell’affermazione del
Web (in termini di effettiva applicabilità, ed eccezionale diffusione
e incremento di utenze) passano quattro anni fino a che non viene messo
a punto un interfaccia grafico (sino a quel momento la comunicazione avviene
su un numero variabile di righe in formato testo) capace di trasportare
efficacemente le informazioni in formato ipertestuale.
Nel mese di aprile del 1993 il National Center for Supercomputing
Applications (NCSA)8
presso l’University of Illinois rilasciò, grazie all’opera
dell’allora ventenne Marc Andreessen la prima versione del browser
Mosaic 9.
Il software Mosaic venne rapidamente adattato ai sistemi operativi allora
diffusi. La disponibilità di un user-friendly browser sviluppato
per le differenti piattaforme software allora esistenti produsse un positivo
effetto immediato e nel giro di pochi mesi i server e le istituzioni presenti
in linea si moltiplicarono.
È difficile ricostruire con esattezza questi mesi. È abbastanza
raro trovare studiosi che lavorino, con rigore e metodologia scientificamente
valida, sulla storia del Web (e/o di Internet)10.
La storia quotidiana del Web mostra, inoltre, una «ostinata rimozione».
Prendiamo il caso di una qualsiasi pagina Web citata in un qualsiasi articolo.
La modalità corretta di citare una risorsa Web vuole che all’URL
venga associata (preferibilmente in nota) una declaratoria vagamente notarile
che recita ‘pagina verificata il [data della verifica]’. Non
è inusuale verificare che, a distanza di pochi anni, talvolta a
distanza di pochi mesi, alla richiesta di connessione a quella stessa
pagina venga restituito il classico, quanto frustrante, messaggio ‘impossibile
visualizzare la pagina’ o ‘pagina non trovata. Errore 404’
11.
Circoscriviamo, adesso, il dominio di ricerca ai siti Web culturali pubblici
dedicati alla conservazione. E definiamo meglio le condizioni della ricerca.
L’ipotesi è quella che si possa ricostruire, rintracciando
pionieri, documenti, testimonianze e testimoni, le prime fasi del settore
del Web indirizzato in generale alle humanities e in particolare alla
conservazione. Focalizziamo, quindi, l’attenzione su alcuni personaggi
e/o eventi che verranno descritti non necessariamente in ordine d’importanza
o cronologico.
World’s First International WWW Conference
L’anno del Web è il 1994. La World’s First International
WWW Conference 12
si tenne al CERN
di Ginevra nel mese di maggio. L’organizzazione della Conferenza
era curata da Robert Cailliau. Documentazione e dati relativi alla prima
conferenza sono nascosti tra le pagine Web del CERN
e del W3C. Nascoste,
ma tuttora presenti e rintracciabili.
Alla conferenza, che viene tenuta a meno di un anno dal lancio dalle prime
realizzazioni Web pubbliche, è associato il premio “The Best
of the Web ‘94” 13
e, organizzata in una serie di 11 workshop 14
e 49 relazioni, venne animata da poco meno di 400 tra utenti e sviluppatori:
tra questi 18 italiani in rappresentanza di alcune istituzioni scientifiche
quali, tra gli altri, gli Osservatori astronomici di Arcetri, Padova e
di Trieste, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Firenze e
Bologna, le Università di Roma, Pisa e Firenze. In quest’ambito
spicca Stefano Lariccia del Dipartimento di Studi Storici della Facoltà
di Lettere dell’Università degli Studi di Roma “La
Sapienza” perché, almeno per il gruppo italiano, rappresenta
un’isolata presenza della componente umanistica all’interno
di un preponderante presenza dalla componente scientifico-matematica.
Quindi la disciplina che successivamente verrà definita come informatica
umanistica (e consideriamo la conservazione e il restauro come elementi
non secondari all’interno di questa) è presente sin dagli
albori del Web. La seconda conferenza 15–
questa volta sono ben 1300 i partecipanti e 200 le relazioni – si
tenne nel mese di ottobre, negli Stati Uniti, grazie all’organizzazione
del NCSA e dell’appena fondata International WWW
Conference Committee (IW3C2). Uno tra i 30 temi della conferenza venne
dedicato ai musei e gli interventi proposti furono concentrati essenzialmente
sulle istituzioni universitarie nordamericane.
ICOMOS
(Canada)
La prima istituzione “conservativa” attiva nel Web è
l’Icomos (International Council on Monuments and Sites): la registrazione
del dominio risale al mese di maggio del 1993 e la presenza nel Web diviene
operativa solo l’anno successivo.
Cosi François LeBlanc 16,
ricostruisce gli inizi: «After the Computers in Conservation symposium
held in Quebec City in summer 1992, an ad hoc group of ICOMOS
Canada members got together to present this service to the conservation
community. A computer, an Internet feed and a telephone line was donated.
With this ICOMOS.ORG was created and became the first heritage preservation
domain on the Internet»17.
Chi si fa carico di tutti gli aspetti tecnici è Gordow Dewis. Questa
la descrizione che Dewis stesso fornisce del processo di assestamento
della presenza in Internet e poi nel Web dell’ICOMOS
la cui cura è tutt’ora affidata al gruppo canadese: «In
1994, a gopher server was established by myself and Peter Stott on a UNIX
server in at Health and Welfare Canada (now Health Canada). This was a
successful experiment which handled approximately 30000 connections in
the first nine months. Very soon after the gopher was set up, the first
ICOMOS
Webserver was set up on the same computer. This allowed us much more flexibility
than the gopher and was immediately successful. The fall of 1995 saw ICOMOS
Canada purchase a dedicated computer which was set up as a server on the
Internet with Internet connectivity being provided by an Internet service
provider in Ottawa. The gopher and Web servers were transferred to this
machine, which was named cormier.icomos.org»18.
Icom
Abbiamo la fortuna di poter disporre, limitatamente alla presenza di istituzioni
museali, di un abbozzo di storia del Web, grazie alla lista di discussione
dell’Icom
dedicata ai musei.
«But it was amongst university museums and those with access to
the university networks that the real interchange of museum data began
to develop, although mainly within the recognised academic disciplines.
By 1993 museums had started to place collection-based and other information
on the Internet. [...] Museums and their collections played an important
part as a test-bed in the development of Web technology and in its early
applications»19.
Le informazioni risalgono al 1996 quando Geoffrey Lewis, moderatore della
lista e presidente dell’Icom,
chiese ai partecipanti alla lista informazioni relative alle prime presenze
nel Web dei musei e delle istituzioni a questi connesse. La quantità
di informazioni ricavabile da questo strumento non è poca e consente
di tracciare un abbozzo di timeline. ma, in realtà, non fornisce
ulteriori e dettagliate informazioni sulle singole istituzioni.
Getty Art and History Program
Il sito Web del Art and History Program (AHIP) del Getty Trust di Los
Angeles è uno dei primi, tra le istituzioni pubbliche, a essere
presente nel Web e non solo in ambito statunitense
Il primo sito Web del Getty venne immesso on-line nel 1993 ed era ritenuto
dagli stessi sviluppatori poco più che un esperimento per capire
meglio e testare le potenzialità dell’accessibilità
on-line di informazioni storico-artistiche estratte da una base di dati.
L’intento dichiarato era quello di stimolare la costruzione di una
comunità di conservatori, così come di ricercatori, di esperti
e di studenti attraverso la creazione di un sito che fosse graficamente
interessante, che contenesse contenuti validi e utilizzabili, che cambiasse
continuamente per adeguarsi alle esigenze degli utenti. Grazie a una chiara
organizzazione delle informazioni il sito Web del Getty poteva offrire
accesso a una notevole varietà di basi di dati, tutte fruibili
liberamente (senza oneri) dall’utente esterno 20.
Ma le prime versioni di questi siti possono essere solo descritte perché
non sembrano esistere copie delle prime elaborazioni e delle prime versioni
ufficiali del sito: «I believe there might be some old backups at
the Getty, but I am not sure. In the early years we were more interested
in understanding and developing technologies then in writing papers, so
I do not believe there are any published papers about this early time»21.
Virtual Campus, Università di Roma (Italia)
La prima presenza nel Web delle istituzioni universitarie è, senza
timore di smentita quella del progetto “Virtual Campus”22
dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
e uno dei primi 50 siti ufficialmente registrati al mondo. La pubblicazione
del sito avvenne alla fine del 1993. «L’obiettivo fondamentale
[…] è ovviamente quello di costituire una sorta di organismo
centrale di coordinamento dell’informazione prodotta da ciascun
organismo interno a “La Sapienza”, curando in particolare
il rispetto per alcune linee guida sia dal punto di vista della funzionalità
che da quello dell’immagine».
Stefano Lariccia, che del sito ne fu autore e gestore, collaborava con
Giovanni Ciccotti, professore ordinario di Struttura della Materia presso
la Facoltà di Fisica dell’Università “La Sapienza”,
al fine della creazione di un Polo SBN (Sistema Bibliotecario Nazionale)
all’interno della Università romana con l’obiettivo
di “confederare” le 173 biblioteche dell’ateneo in un
unico sistema “cooperativo”: Il laboratorio di informatica
(LIDS) presso la Facoltà di Lettere, formatosi a partire dall’esperienza
del SBN, aveva cominciato, già a partire dal 1990, ad accumulare
esperienze specifiche nel campo delle reti e dell’informazione documentale
telematica. Non si può dimenticare che presso l’Università
“La Sapienza” già dal 1992 era attivo il Consorzio
interuniversitario per le Applicazioni di Supercalcolo per Università
e Ricerca (CASPUR) che svolse subito anche funzione di server per l’intera
città universitaria.
CRiBeCu (Italia)
Il vecchio “Centro di Elaborazione Automatica di Dati e Documenti
Storico-Artistici”, nato nel 1980, ha assunto la denominazione “Centro
Ricerche Informatiche per i Beni Culturali” all’inizio degli
anni Novanta dopo una prima fase caratterizzata da un’intensa ricerca
nel campo dell’archivistica, della catalogazione lessicale e delle
applicazioni all’archeologia dell’informatica.
Il CRiBeCu è tra le prime istituzioni a interessarsi alle potenzialità
del Web. Nell’articolo Umanisti nel ciberspazio 23,
pubblicato sul numero del secondo semestre del 1993 del CRiBeCu, Michele
Gianni che è il realizzatore del primo sito del CRiBeCu ed è
colui che si incarica della diffusione e della promozione del Web, dichiara:
«Lo scopo di questo intervento è quindi quello di far conoscere
ad un pubblico prevalentemente composto da umanisti alcune caratteristiche
della più grande rete di calcolatori attualmente attiva nel mondo
e nota col nome di ‘Internet’ nonché i servizi che
sono accessibili per suo tramite»24.
In quest’articolo, che quindi si indirizza alla comunità
degli “umanisti”, al Web si accenna, in realtà, in
una ventina di righe: «Attualmente la WWW si sta arricchendo a un
ritmo giornaliero di nuovi contributi. Un’esperienza sempre più
interessante è quella dei musei virtuali, vere e proprie visite
guidate a esposizioni di dipinti, collezioni di manoscritti, oggetti d’arte,
reperti archeologici ecc. in cui l’utente può muoversi nei
vari locali in cui il museo si articola, vedere i pezzi esposti e leggere
le didascalie e le spiegazioni a corredo, il tutto senza muoversi dalla
propria scrivania».
Abbiamo visto come l’aspetto di comunicazione museale sia stato,
sin dall’inizio, ritenuto una delle esperienze che meglio di altre
potevano incarnare l’essenza multimediale del Web. Se volessimo
limitarne la portata potremmo anche dire che, osservando criticamente
la situazione attuale, le presentazioni “artistiche” sono
quelle che meglio di altre danno lustro al prodotto proposto.
Dopo l’avvenuta esplosione del Web (in termini quantitativi), viene
pubblicato nel numero del secondo semestre del 1994, un nuovo e più
maturo, articolo dal titolo Html: un linguaggio standard per sistemi ipermediali
25. Questa volta il contenuto
è più tecnico e mira a chiarire quali siano standard, linguaggi
e convenzioni nell’ambito dell’HTML.
Se il Bollettino del CRiBeCu risulta essere pionieristico (almeno in ambito
italiano), scarsi, invece, se non assenti del tutto risultano i riferimenti
al Web nelle principali pubblicazioni periodiche specialistiche nel biennio
preso in esame (1993-1994).
È necessaria anche una breve osservazione.
L’articolo del 1994 si conclude con una sitografia in cui vengono
indicati 40 riferimenti. Tra questi, a una verifica effettuata nel mese
di dicembre 2003, solo 3 risultano ancora attivi 26,
altri 3 “moved”, 6 restituiscono la pagina 404 e dei rimanenti
28 non c’è alcuna traccia. Piccoli numeri ma chiari. Una
conferma, se di conferma ci fosse bisogno, della “volatilità”
del Web.
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
La prima presenza nel Web del dominio “beniculturali.it” avviene
nel marzo 1995 a opera della Soprintendenza ai Beni Ambientali ed Architettonici
del Piemonte. Il piccolo sito (sviluppato in linguaggio HTML), messo on-line
da Marcello Di Gioia, conteneva pagine informative sulle residenze sabaude
e musei del Piemonte. Il sito venne rapidamente ampliato per descrivere
le attività della Soprintendenza e fornire indicazioni di servizio
(orari, referenti ecc.) e venne da subito concepito come parte di un sistema
cui si sarebbero dovute inserire le altre istituzioni statali presenti
nella regione Piemonte.
All’interno del sito della Soprintendenza vennero presto inserite
anche pagine relative all’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo
e la Documentazione).
Il dominio “beniculturali.it” venne successivamente raccolto
in gestione direttamente dal Ministero e le prime presenze istituzionali,
a parte la Soprintendenza di Torino, risalgono al 1997-1998 e sono per
lo più riconducibili all’ambiente degli archivisti e bibliotecari.
Il primo sito (a parte una presenza simbolica che risaliva ad alcuni mesi
prima) del Ministero nacque dalla esigenza di individuare un efficace
strumento di comunicazione delle iniziative del Ministero verso i giornalisti
della stampa estera, già abituati, per il diverso sviluppo della
rete in alcuni paesi europei e nel Nordamerica, a consultare il Web come
strumento privilegiato per la raccolta di informazioni. Il piccolo gruppo
che si assume il ruolo della gestione sia dei contenuti sia dell’aspetto
tecnico (pagine e connettività) era composto da due tecnici nei
ruoli dell’amministrazione, mentre Cecilia Mastrantonio, responsabile
dell’Ufficio Stampa del Ministro, ne divenne successivamente la
coordinatrice.
Le pagine allora elaborate erano statiche e puntavano a rendere disponibili
informazioni generali (caratteristiche essenziali dell’esposizione,
indirizzi, orari, prezzi...) del gran numero di musei e istituzioni dipendenti
dal Ministero. In breve tempo, difatti, venne messa a punto una base di
dati interrogabile via Web, che conteneva le informazioni sui luoghi della
cultura e sulle iniziative in corso.
Mancano, allo stato attuale, contributi scritti (relazioni, analisi…)
su questa esperienza vista nel momento della sua formazione. Un interessante
contributo sul rapporto tra l’amministrazione archivistica e la
presenza (e i servizi offerti) nel Web è stata elaborato da Pierluigi
Feliciati27. Il sito degli Archivi (http://www.archivi.beniculturali.it/),
come il sito dell’Istituto Centrale per il Restauro (http://www.icr.beniculturali.it/)
hanno reinserito on-line, a scopo dimostrativo, le prime due versioni
dei rispettivi siti risalenti al 1997 per gli Archivi e al 1998 per l’ICR.
L’iniziativa ha un valore simbolico e invita a riflettere sul tema
dell’archiviazione del Web.
Tra i primi siti specificamente puntati alla conservazione ad essere pubblicati
nel Web si segnala, nel settembre 1998, quello dell’Istituto Centrale
per il Restauro nato ad iniziativa di Michele Cordaro storico d’arte
sensibile ed attento agli strumenti della comunicazione.
Conclusioni
La storia del Web è composta da frammenti. Berners-Lee e Cailliau
hanno tentato, usando materiale originale (perché vissuto in prima
persona), una descrizione dell’ambiente di nascita del Web che gravita
intorno al CERN di Ginevra. Nel Web stesso esiste una buona bibliografia
sul Web che però ha il difetto di essere, in ultima analisi, completamente
circolare, ovvero riconducibile con moderate varianti ai principali testi
di riferimento. La storia è quindi fortemente ridondante e spesso
priva di punti di vista “nuovi”.
Per quanto riguarda il Web umanistico/conservativo (ammettendo che sia
possibile distinguere questo settore nell’ambito del Web) manca
un processo di “sistematizzazione” delle proprie radici anche
perché quasi del tutto mancano notizie di base.
Si può rilevare, comunque, come, sia all’estero sia in Italia,
le prime sperimentazioni siano tutte state elaborate in strutture di ricerca
indipendentemente dall’essere di natura pubblica o privata e siano
state tutte puntate sullo scambio e la messa in comune di letteratura
grigia. L’aspetto di servizio e di comunicazione verso l’esterno
viene privilegiato da alcuni enti pubblici come è il caso del MiBAC.
In tutti i casi presi in considerazione il Web-design risulta piuttosto
carente e poco sviluppato.
1]
Le due università rappresentano rispettivamente
una grande iniziativa privata con finalità “pubbliche”
la prima e una delle principali università statali la seconda.
Il comunicato stampa che preannuncia la realizzazione della rete è
visibile a
http://www.lk.cs.ucla.edu/LK/Bib/REPORT/press.html Per inciso l’UCLA
rivendica la primogenitura dell’invenzione di Internet.
2] All’epoca consigliere
del presidente americano Francklin Delano Roosvelt e già coordinatore
del progetto Los Alamos relativo alla costruzione della bomba atomica
statunitense. Curiosamente questo particolare è omesso in quasi
tutte le “storie del Web” consultate.
3] Vannevar Bush, «As
we may think», «Atlantic Monthly», 176 (1954), n. 1,
p. 101-108, http://www.vissing.dk/Internet.History/ihistlist.html
http://www.theatlantic.com/unbound/flashbks/computer/bushf.htm.
4] http://www.w3.org/
History/1989/proposal.html
5] 138.000
risultati restituiti digitando «Tim Berners-Lee» nel motore
di ricerca Google (febbraio 2004)
6] 7370
risultati restituiti digitando «Robert Cailliau» nel motore
di ricerca Google (febbraio 2004)
7] Sia
Berners-Lee sia Cailliau hanno scritto, il primo nel 1999 e il secondo
nel 2000, un libro per raccontare la genesi del Web. Il libro di Tim Berners-Lee
ripercorre le tappe che l’hanno portato all’invenzione del
Web ma concentra l’attenzione sulle motivazioni che hanno portato
alla fondazione del World Wide Web Consortium e all’impegno in direzione
dello sviluppo del Web semantico. Cailliau ricostruisce, con maggiore
attenzione al dettaglio e alla cronaca, la storia degli anni di sviluppo
del Web utilizzando materiali per lo più inediti.
Tim Berners-Lee, L’architettura del nuovo Web, Milano: Feltrinelli,
2001; Robert Cailliau – James Gillies, Com’è nato il
Web, Milano: Baldini & Castoldi, 2002
8] http://www.ncsa.uiuc.edu/
9] M.
Andreessen, Getting started with NCSA Mosaic. Software Development Group.
National Center for Supercomputing Applications, Champaing IL, May 8 1993.
Id., NCSA Mosaic Technical Summary. Software Development Group. National
Center for Supercomputing Applications, Champaing IL, May 8 1993.
10] Eppure
se digitiamo “Web history” utilizzando il motore di ricerca
Google abbiamo restituiti 28.000 risultati
11] Giancarlo
Buzzanca, Odio la storia (frammenti di archeologia del Web), «Kermes»,
16 (2003), n. 2, p. 59-61.
12] http://www94.web.cern.ch/WWW94/.
La Conferenza venne descritta da molti come la “Woodstock
of the Web” anche per la sua eco sui media.
È possibile vedere anche le slide che Tim Berners-Lee presentò:
http://www.w3.org/Talks/WWW94Tim/.
13]
http://botw.org/1994/index.html
14]
http://cui.unige.ch/WWW94/
Workshops/workshop.list.html
15]
http://archive.ncsa.uiuc.edu
/SDG/IT94/IT94Info-old.html
16] Oggi
responsabile del Field Projects del Getty Conservation Institute
17]
http://www.icomos.org/~fleblanc
/projects/p_com_Internet.html
18]
http://cormier.icomos.org/, tuttora attiva
19] I post della
lista sono conservati all’url
http://home.ease.lsoft.com/archives
/museum-l.html
20]
http://www.mit.edu/people/davis/LongSum.html.
Tra le basi di dati consultabili si segnalano l’Art and Architecture
Thesaurus, l’Union List of Artist Names, il Thesaurus of Geographic
Names, Categories for the Description of Works of Art, Census of Art and
Architecture Known to the Renaissance, la Guide to the Description of
Architectural Drawings, oltre che la Bibliography of the History of Art,
il Provenance Index e l’Avery Index of Architectural Periodicals.
21] E-mail
del 15 febbraio.2003 spedita da Marty Harris a, Giancarlo Buzzanca, Subject:
Re: The Getty AHIP Website
22] Stefano
Lariccia, L’ arte di interconnettere i luoghi d’ arte,
http://www.bta.it/txt/a0/00/bta00086.html
23] Michele
Gianni, Umanisti nel ciberspazio, «Bollettino d’Informazioni,
Centro per le Ricerche Informatiche per i Beni Culturali», 3 (1993),
n. 2, p. 21-36. La data dell’effettiva stesura dell’articolo
non è nota.
24] Ibid.,
p. 22
25] Michele
Gianni, Html: un linguaggio standard per sistemi ipermediali, «Bollettino
d’Informazioni, Centro per le Ricerche Informatiche per i Beni Culturali»,
4 (1994), n. 2, p. 81-99
26] Interessanti
anche alcune osservazioni che, leggendo e “vedendo” l’articolo,
è possibile formulare: nell’articolo appare l’originale
indirizzo del server http://ux4sns.sns.it che risulta tuttora attivo,
nelle immagini delle schermate che riportano link è possibile verificare
la presenza dell’IUAV.
27] Pieluigi
Feliciati, L’amministrazione archivistica italiana sul Web: storia
di un portale culturale pubblico, «Archivi & computer»,
12 (2002), n. 3, p. 20-33
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